Data: 31/12/2005 - Anno: 11 - Numero: 4 - Pagina: 6 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Ulderico Nisticò (Altri articoli dell'autore)
Il doloroso fenomeno economico e sociale dell’emigrazione dalla Calabria in America Latina, poi negli Stati Uniti e in Europa e Italia del Nord, non si verificò prima del 1890. se mai, la storia antica della nostra terra è quella di continue immigrazioni, da quelle massicce degli Albanesi alla presenza di famiglie di nobili e commercianti fiorentini, senesi, umbri attestata dai cognomi. Non emigravano dunque i nostri avi al di là dello Stretto e del Pollino. Emigravano invece spesso da un paese all’altro o per fondarne nuovi, o in gruppi, o non raramente abbandonavano del tutto un luogo per trasferirsi altrove. Si contano perciò in Calabria ben 140 borghi deserti, cui vanno aggiunti, in più paesi, dei quartieri quasi del tutto vuoti di abitanti. Consideriamo i macrofenomeni che attraversano i millenni. I Greci collocarono le loro colonie sulle coste; ma già i Romani rivolsero la loro attenzione piuttosto ai colli e all’interno. Attorno all’VIII gli abitati della costa ionica, lasciato il mare, si collocarono sulle alture. Nacquero così i nostri paesi storici, i “castìerhi”, dal bizantino “kastellion”, borgo fortificato, ciascuno popolato da pastori e contadini soldati, molti di origine orientale. Di tutto questo abbiamo più volte scritto, e confidiamo nell’attenzione dei pazienti lettori. I monaci greci cosiddetti basiliani insediarono i loro cenobi in luoghi ancora trascurati, e attorno a quelli dei monaci non mancarono gli insediamenti di coloni. Il fenomeno divenne notevole con la latinizzazione, quando i Normanni fondarono grandi abbazie benedettine e cistercensi, vere città monastiche, con decine e centinaia di monaci, ma anche contadini, pastori, artigiani, organizzati nelle grange, conventi-fattoria dipendenti dalle abbazie maggiori. Per quanto ci riguarda da vicino, la Certosa fondata da san Bruno, dal 1192 cistercense, dal 1513 di nuovo cartusiana, possedette in feudo, con potestà spirituale e temporale, le odierne Serra S. B., Bivongi, Spadola, Mongiana, Fabrizia, Montauro, Montepaone e altro più lontano; e in proprietà molte terre, come dimostrano i diversi toponimi Certosa. Tra XVI e XVII secolo proprio attorno alle abbazie sorgono insediamenti di montagna: S. Giovanni in Fiore, la stessa Serra S. B., gli importanti villaggi del Reventino, da cui, nel 1620, sorse Sersale. È l’ora dei borghi fondati per volontà dei feudatari, e che ne conservano il nome: Sersale, Castriota poi Cicala, Savelli, Staiti, Caraffa di Catanzaro, Caraffa del Bianco, Alessandria del Carretto, Borgia... Spesso la fondazione è un patto di enfiteusi, rivolto ai contadini più forti e coraggiosi, disposti a dissodare terre vergini per divenirne poi proprietari. Intanto o per peggioramento del clima, o per esaurimento delle risorse, o per qualche evento funesto, l’abbandono di centri anche di grande rilievo: sedi vescovili quali S. Leo, Cerenzia e forse Cirella; fortezze come Barbaro o S. Agata del Bianco. I terribili terremoti che dal Seicento devastarono la Calabria indussero dapprima alla ricostruzione dei centri distrutti. Ma, dopo il sisma apocalittico del 1783, Ferdinando IV di Borbone pensò bene di favorire il trasferimento dei superstiti in luoghi più salubri e fecondi, e di ricostruire secondo piani regolatori razionali. Ecco decine di città nuove, alcune anche con nuovo nome: Castelmonardo diventò Filadelfia; risorsero Delianuova, Cittanova, Palmi, Borgia... È infine sotto gli occhi di tutti il ritorno sulla costa ionica, anche se la triste mancanza di un Ferdinando IV ha fatto sì che fosse più un esodo anarchico e un imbarbarimento dell’urbanistica, che un progresso. Questi gli eventi che conosciamo. Ma possiamo dedurne infiniti altri, se ogni paese ha i suoi gruppi di famiglie di evidente origine forestiera, ben testimoniata dai cognomi: Squillacioti, Geracitano, Gerace, Chiaravalloti, Catanzariti, Taverniti, Cosentino, Scigliano... Trasferirsi dunque è un’abitudine, in Calabria, e se l’emigrazione fuori regione è stata sentita come una cocente ingiustizia e un trauma, l’emigrazione interna è apparsa una normale vicenda. Per conservare la memoria dei paesi antichi, la costumanza di “scendere i santi”: una processione nei luoghi antichi (luogo antico significano proprio i vari Pallagorìo, e forse Poliporto), quasi a segnare un legame spirituale oltre i millenni e i mutamenti della storia e delle condizioni sociali.
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